Run Baby Run… obiettivi facili che portano lontano.
Lo voglio scrivere proprio oggi questo post perché poi rischierei di perdere le sfumature delle emozioni provate questa mattina e invece voglio fissarle bene qui, nero su bianco.
E’ stata la mia prima corsa ufficiale quella di oggi, la 10 Km non competitiva de La Corsa di Miguel. L’ho preparata in tempi record, io che non correvo da mesi e comunque mai con continuità e disciplina, grazie al sostegno di Andrea, mio cognato e di uno strano bisogno di raggiungere questo obiettivo. Come se da questo dipendesse la possibilità di dimostrare a me stessa che posso andare esattamente dove io decido di andare.
Sono state due settimane di km percorsi all’alba, a pranzo, a volte da sola, altre in compagnia. Ascoltando musica da allenamento per poi rendermi conto che a me la carica me la da Vasco con le sue melodie più tenere. Sono stati km percorsi fra i ponti della mia amata Roma, metro dopo metro, mollando in qualche occasione prima del dovuto, pensando che il tempo era troppo poco e che le gambe e il cuore non ci sarebbero arrivati.
Sono stati i giorni in cui ho scoperto che un frullato di banana mezz’ora prima di correre non va bene. Che al massimo posso sgranocchiare un po’ di frutta secca.
Ma poi stamattina ero lì
Con Andrea, con Ninni, Marco, Laura e Antonio, fra migliaia di persone con la maglietta come la nostra, che si scaldavano o che come noi cercavano punti di riferimento in un mondo totalmente nuovo. Ed è un mondo bellissimo quello dello sport. Poi tutti in fila e ho fatto partire la playlist con le canzoni del concerto al Modena Park. Colpa d’Alfredo ha accompagnato la partenza lanciata dei partecipanti alla gara competitiva. Erano velocissimi!
Poi il gruppo del quale facevamo parte noi che inizia prima ad avanzare compatto, poi a sgretolarsi, sempre più veloce e mi sono resa conto che sarebbero arrivati a me in pochi secondi, potevo solo partire… i piedi che hanno iniziato ad andare sempre più veloci, un’emozione inusuale che saliva sempre di più, il sorriso che si allargava sul mio viso. Un ultimo sguardo ad Andrea e siamo andati. Eravamo dentro e le persone sui muretti incitavano tutti noi, perché in fondo lo sport, che unisce così tante persone che non si conoscono, é una cosa che va applaudita e incoraggiata.
Poco fuori dalla Farnesina ecco il Lungotevere, poi ponte Mazzini, di nuovo indietro verso Ponte Milvio, la ciclabile a bordo Tevere e ogni Km un gruppo di musicisti a suonare dal vivo per darci la carica, i curiosi ad applaudire appena fuori dal nastro, i bambini con le manine tese per dare il cinque a noi “ragazzetti eroici” che non mollavamo nonostante la stanchezza iniziasse a farsi sentire. Davanti al Ponte della Musica, poco dopo il sesto Km uno di quei bimbi mi ha detto “Forza Roma!” e io strafelice ho risposto “Sempre daje Roma!”. Praticamente sembravo drogata, di felicità.
Poi l’ingresso al Foro Italico, gli ultimi Km, l’Olimpico sempre più vicino e poi è accaduto…
Siamo entrati nel sottopasso della Monte Mario e pochi secondi dopo tagliavamo il traguardo dentro lo stadio che tanto amo e che da quasi 15 anni mi vede ospite sugli spalti a seguire la mia Rometta. Ma lo potete capire cosa abbiamo provato? Pelle d’oca, grandezza, emozione, orgoglio per avercela fatta.
Tutto il resto, fino al rientro a Ponte Milvio dove avevo il motorino, sono stati sorrisi e voglia di farlo ancora.
Ora, non volevo fare una cronaca sportiva ma una riflessione sulla potenza di una cosa come questa che altro non è che l’aver portato a termine una cosa bella.
Un obiettivo. Anche se non c’era tempo, anche se non era prioritario, anche se è faticoso, anche se è difficile, anche se ci sono cose più importanti e più urgenti. Non ho trovato scuse e l’ho fatto solo per me.
Ho sempre corso per allenamento, per scaricarmi ma mai pensando di partecipare ad una corsa. Mi sono iscritta perché in un momento di particolare difficoltà di testa, concentrazione e energia, mi è sembrata un’ottima idea. Mi è sembrato il gancio a cui appendermi per uscire dal pantano e per tantissimi versi ha funzionato. Ogni volta che ho vinto la pigrizia, il maltempo e la stanchezza per allenarmi, e oggi che le gambe e il cuore mi hanno portata fino alla fine, mi sono presa cura di me.
Io ho scelto lo sport ma credo che ogni obiettivo che ci diamo e che perseguiamo possa portare allo stesso beneficio.
Quello di riuscire ad andare oltre le scuse quotidiane, che ci fanno nascondere dietro alle infinite scuse con le quali ci adagiamo sulla quotidianità, smettendo di guardarci dall’esterno, di porci traguardi nuovi, di farci domande sul punto della vita al quale siamo arrivati.
Obiettivi che non hanno nulla a che fare con le molteplici cose che dobbiamo fare per forza; sono quelli che ci rimettono in contatto con quello che siamo, con le nostre passioni, con l’opportunità di guardare il mondo con occhi diversi. E soprattutto sono quelli che ci dicono che ce la possiamo fare, perché non mollando si superano i limiti che diamo per scontati e che tanto ci tolgono.
Una corsa non cambia la vita, né sistema problemi grandi o piccoli che siano.
Ma se anche solo per qualche ora ci porta fuori dalla “palude” dei nostri meccanismi abitudinari allora ha fatto esattamente il suo dovere.
Percepire sé stessi oltre i limiti della fatica è bellissimo; comprendere che dentro hai ancora energia quando pensi di non poterne più; rimanere saldo quando la testa scappa via e vorrebbe trascinarti con sé. No. Se tu stai facendo quello che hai scelto di fare rimani saldamente piantato sui tuoi piedi e non ti fermi. Vai avanti, fino alla meta.
Ora riposo, che da domani si pensa alla prossima, magari mettendo qualche km in più.
Ringraziamenti
A Cesare che mi accompagna nella vita anche quando pensa che stia facendo un sacco di cazzate, ad Andrea che in salita mi ha sempre ripetuto che sarebbe finita presto, ad Antonio e Andrea B. che con il loro esempio mi hanno fatto venire voglia di correre per bene (oltre a darmi dritte fondamentali sul non mangiare come una cloaca prima di correre), alla mia Ninni che c’è sempre, a Danila che si occupa con amore e competenza del mio benessere fisico. Ai miei bimbi, Tommi e Giulia, per i quali faccio lo sforzo di essere il più felice possibile nella vita, per dar loro un esempio e l’insegnamento che le cose belle non cadono dal cielo ma ce le dobbiamo andare a prendere.