La misura di quanto mi ama è il suo tempo. O no?

Ci sono affermazioni che ci mandano fuori di testa…

“Stasera esco con i miei amici”.

Panico.

“Mi piacerebbe andare fuori un week end con mia sorella”.

Mezza separazione.

“Vado a farmi un giro in moto”.

Chissà con chi va.

“Vado a vedere quel film che a te non piace con Pincopallino”.

Ecco, sta meglio senza di me.

Alzi la mano chi non ha vissuto almeno una volta una pippa di questo genere o similare (potrei citarne all’infinito di situazioni).

E quante volte partendo da un malessere inespresso nato in situazioni di questo genere siete arrivate/i a concludere, magari in tuta e con il magone parlando con l’amica/o di turno, che non vi ama abbastanza? Che preferisce spendere il suo tempo senza di voi? Quante storie sono andate a farsi benedire per il folle tentativo di avere la certezza che senza di noi è impensabile una vita, un interesse, una passione?

Cosa ci fa tanta paura nell’accettare che anche senza di noi la nostra metà sta bene? Cosa toglie all’amore che ci dimostra?

Quanto ci riempiamo la bocca di “libertà” per poi reagire in modo sconsiderato quando quella libertà viene esercitata?

Io l’ho vissuta tantissimo questa sensazione.

Soprattutto quando ero un po’ più giovane di adesso. E sono stata malissimo ogni volta che il mio Lui manifestava l’intenzione di fare qualcosa senza di me. Interpretavo questa scelta come una mancanza di rispetto, di attenzione, infine di amore. Mi chiedevo e richiedevo in ogni minuto cosa stesse facendo perchè era evidente ai miei occhi che se non mi voleva con lui era perché doveva fare qualcosa che io non avrei dovuto vedere. E così mi paralizzavo, nell’attesa che tornasse, che chiamasse, che mi raccontasse. Per poi fingermi disinteressata, tranquilla, serena e allo stesso tempo chiudendomi in un semimutismo punitivo che avrebbe dovuto farlo sentire in colpa, senza il coraggio di dirlo che lo incolpavo. Di cosa… non ero in grado di spiegarlo razionalmente. In fondo si trattava di uscite con amici, qualche ora spesa a cazzeggio, o a fare cose che in genere a me, veramente non interessavano.

Ho compreso la follia di questa spirale solo quando crescendo ho iniziato ad avere a mia volta bisogno di spazio. Quando ho iniziato a desiderare momenti per me, momenti con le amiche, con mia sorella, con mio padre, da sola. O comunque quando ho avuto voglia di condividere qualcosa con persona diversa da lui. E mai, neanche una volta, per necessità di nascondergli qualcosa o per escluderlo. Ma perché la vita è fatta di esperienze diverse con persone diverse. Ed è bellissimo che sia così.

Questo non toglie nulla ad un amore sano.

E’ evidente che c’è un equilibrio in ogni cosa e che se la parte di vita che si intende trascorrere lontano dalla nostra metà è sempre maggiore forse bisognerebbe farsi qualche domanda.

Ma allo stesso tempo la mia opinione è che riconoscere all’altro/a il diritto di vivere un pezzo di vita appagante che non è fatto solo dal rapporto che ha con noi è il modo migliore di preservare quel rapporto.

Si chiama fiducia, si chiama rispetto, si chiama coraggio.

Dare spazio all’altro/a significa riuscire a desiderare e cercare spazi per sé stessi innescando una dinamica per la quale alla fine forse, ci si troverà in un rapporto adulto non basato sul bisogno e sulla dipendenza. Un rapporto che nella migliore delle ipotesi non contempli la colpa piuttosto un sano confronto  su ogni argomento, non il rancore quanto una chiara dichiarazione delle nostre necessità in relazione all’altro. Non il dubbio quanto la fiducia, perché nel comportamento dell’altro riconosciamo un bisogno di vita e spazio che non hanno nulla a che vedere con la misura di quanto ci ama.

Non è facile, ma neanche impossibile.

Istintivamente la sensazione di essere indispensabili all’altro/a, di averlo/a sempre sotto controllo, di essere parte di tutti gli aspetti della sua vita, è una carezza e una certezza alla quale è difficile da morire rinunciare. Ma nel momento in cui si riesce a leggere quanto noi stessi abbiamo bisogno di quella parte di vita che non necessariamente lo/la riguarda e che questo non significa amarsi di meno, allora, forse sarà possibile sorridere e gioire davvero nel vedere la persona che amiamo vivere tutte le esperienze che lo/la rendono una persona completa. Una persona felice.

 

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