Quella Luce alle mie spalle

Ieri, come ogni anno, sarebbe stato il tuo compleanno.

Ieri, come ogni anno, come ogni giorno, mi ricordo quanto mi manchi. Eppure in ogni angolo della mia vita, in ogni frammento del mio spirito, c’è qualcosa di te.

Eri una donna piccola piccola di statura, dal passo e dai modi tanto leggeri da sembrare volerti nasconderti dal mondo.

Non da me, quello mai. Avevi occhiali più grandi del tuo viso, incastrati fra i capelli tenuti sempre e rigorosamente nel tuo “tuppo”. Lo chiamavi così. Portavi le gonne lunghe fino a metà del polpaccio, di flanella in inverno e di jeans leggero in estate. Con le cinture di corda o di stoffa, le camicette morbide di seta e un filo di perline color avorio al collo. Le tue scarpe sembravano quelle di Mary Poppins. Eri in ordine sempre, nella tua stupefacente dolcezza e semplicità.

Eri una donna enorme nella tenacia e nella cocciutaggine.

Con la tua visione chiarissima di quello che era giusto e sbagliato, importante e non, necessario e superfluo. Con quella capacità di far del bene in silenzio, di insegnare un pezzo di vita a una bambina, di non aver mai, neanche per un secondo, dubitato della perfezione di tutto quello che ti circondava.

Eri una donna poco mondana. Anzi per niente mondana. Il tuo mondo iniziava e finiva con la tua famiglia, gli amici più intimi, la tua casa e il volontariato. Il tuo mondo è stato (forse tutt’ora) la ragione per la quale tante cose oggi le guardo con i tuoi occhi e da quel punto di vista traggo la forza per affrontarle guardando semplicemente avanti.

Ti piaceva “pasticciare” in cucina. E insegnarmi a farlo.

Ti piaceva cucire ma non sei mai riuscita a farlo piacere a a me. Ti piaceva leggermi le favole per farmi addormentare. Adesso che sono grande e le ripercorro, ho capito che erano tutte a tema “sacro”.

Mi piaceva giocare con il tuo armadio, tirando fuori tutto per far finta di fare “il negozio di vestiti per signora”. Eri una cliente perfetta.

Ci piaceva andare in centro a fare una passeggiata e prendere l’autobus perché tu, di guidare la macchina, non ne hai mai voluto sapere.

Preparavi la pizza di ricotta, quella con la scarola, l’uvetta e i pinoli, il torciglione, il pasticciotto di crema e visciole, la pastiera, la trota con l’olio e il limone. E mangiavi mele, yogurt bianchi e vaschette di gelato come non ci fosse un domani.

Mi venivi a prendere a scuola tu, terrorizzata dagli attraversamenti della strada. Immaginando che tutti gli automobilisti fossero dei “disgraziati”. Mi mettevi in guardia contro tutte le cose che avrebbero potuto farmi del male. Tu che davanti al nuovo dicevi “Che Spavento!”.

Mi piaceva farmi fare i grattini sulle braccia e sulla schiena da te prima di addormentarmi.

Ti piaceva ascoltarmi suonare il pianoforte mentre cucinavi. Tutte le vecchie ballate le ho imparate per te.

Mi hai fatto fare talmente tanti compiti che ormai ho imparato ad “anticipare” anche la pipì se possibile.

Amavi le fresie, che avevi piantato in quasi tutti i vasi del tuo terrazzo. Oggi il profumo di quei fiori è il mio pensiero felice.

Ti piaceva precisare che il tuo nome era Luce, non Lucia. E se dovessi pensare a un nome per te, non potrei pensarne uno più adatto.

Mi chiamavi Chicchiola e non ho mai capito se quel nomignolo che è l’unico che ancora oggi accetto di buon grado, me lo hai dato tu o nonno.

Nonno… quanto lo abbiamo amato?

C’è anche lui con me, sempre. Ci sono momenti in cui lo vedo passeggiare per il quartiere, come facevamo quando scendevamo al bar per fare colazione insieme prima di andare all’università. Io e te nonna conoscevamo la parte nascosta dietro al dirigente tutto d’un pezzo e un po’ scorbutico.

Per me e Ninni ha costruito casette di legno, ha allestito set di battaglie navali con catini e giornali sulla terrazza. Cercava il filetto migliore, nascondeva ovetti di cioccolata e wafer a tocchetti nell’armadio in tinello. Dentro il “mio sportello”.

Chicchiola NonnoLui che ha praticamente preso la laurea con me studiando e mangiando quantitativi spaventosi di caramelle nel disperato tentativo di non fumarmi addosso. Lui con i suoi calzettoni bianchi alti fino al ginocchio e i pantaloncini che a torso nudo gira per i prati in montagna. Lui che mi grida “vai piano” mentre passo troppo spedita con il cavallo sotto ai suoi occhi. Lui che è seduto accanto a me mentre suono, con gli occhi chiusi. E se sente le note del Chiaro di Luna si commuove. Lui che lo chiamavano Corradino ‘o pazzo perché amava le auto sportive e la guida “spericolata”, ma che poi di spericolato non faceva proprio nulla. Lu che mi prendeva sulle spalle e mi portava a comprare le carote e gli spinaci da portare alle caprette quando trascorrevamo le vacanze in Abruzzo.  Lui e il ricordo della sua Napoli, la sua passione per la pasta, per il sole, per l’odore dell’inchiostro fresco sui fogli di carta.

Ora che scrivo potrei farlo per giorni ripercorrendo ogni dettaglio della nostra vita insieme.

Lui, con te. Siete stati e siete ancora oggi il ricordo più dolce della mia vita. E quel mondo per certi versi un po’ chiuso ed esclusivo che mi avete costruito intorno da bambina e anche da adulta finché ne avete avuto la forza, è il mio patrimonio più prezioso, ha rappresentato il mio posto nel mondo. Perché è in quel mondo che ho imparato l’amore nella sua forma più semplice. E forse più assoluta. Ed è ciò che tu e nonno avete regalato a me e che sembra appartenere ad un altro universo, quello che non rinuncerò mai a provare a trasmettere alle persone che amo.

Mi avete cresciuta con un amore talmente grande da non poterlo ripagare neanche con una vita intera. E’ un amore che mi porto dentro e che ha definito negli anni una parte della persona che sono. Vi ho amato e vi amerò sempre come si amano le cose più profonde del cuore. Vi penso con il sorriso e con qualche lacrima e mi sento fortunata per avere avuto proprio voi. E se mi fermo, in qualunque momento di pace, posso sentire la vostra Luce che brilla forte alle mie spalle.

Grazie

Chicchiola

 

 

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